giovedì 17 aprile 2008

Bergamo, Basilica Santa Maria Maggiore





E' un edificio molto particolare, che unisce alla estrema semplicità dell’esterno una ricchezza interna che la rende uno degli edifici più amati dal popolo bergamasco,in ogni tempo.Iniziata nel 1157,sulle rovine di un precedente tempio dedicato alla Vergine del VII-VIII secolo, fu spesso riadattata,arricchita,risitemata fino al 1693-94.




Tra i simbolismi che più spiccano in essa,all’osservatore attento, sono la pianta a croce greca, piuttosto insolita per l’area occidentale, la mancanza di una vera e propria facciata, la disposizione sull’asse nord-sud in maniera tale che,entrando in chiesa,l’altare non sia-come di solito-dinanzi al visitatore bensì alla sua sinistra(se entra dalla Piazza Vecchia,a nord). Il pavimento è a scacchi bianchi e neri; le pareti completamente rivestite di arazzi fiorentini e fiamminghi,cosa poco usuale nelle chiese,essendo attributo preferenziale di castelli o antiche dimore private. Nel 1576-80 tutte le pitture murali furono distrutte,infatti,per ordine di San Carlo Borromeo e vennero demoliti pure gli altari laterali.La Basilica,quindi,subì una trasformazione.




Nella parete controlaterale all’altare, sul fondo, si trovano due monumenti funebri:uno appartiene al compositore Donizetti e uno al suo maestro,Mayr. Questi fu Maestro di Cappella della basilica di Santa Maria Maggiore. Mayr (1763-1845) pare fosse affiliato alla setta degli Illuminati di Baviera(se ne troverebbero le prove in verbali della polizia austriaca ed italiana).. E recentemente,presso il magnifico Museo Donizettiano, che ha sede a Bergamo in locali della " MIA", ho trovato un ciclostilato che dichiara l'appartenenza di Simone Mayr alla Massoneria. Il suo monumento funebre ha una particolarità,infatti: il volto del musicista è racchiuso in un “ouroboros”,il simbolico serpente che si morde la coda,simbolo alchemico di primo livello. Ma i suoi ‘committenti’ sapevano oppure no di questa sua appartenenza? Non è dato sapere, ma è curioso notare come Mayr-vedendosi offrire incarichi in città prestigiose come Strasburgo, avesse rifiutato, preferendo restare in questa cittadina di provincia.

Sull’arpa di una delle Muse scolpite sopra il monumento vi è anche un altro curioso simbolo massonico: il sigillo di Salomone racchiuso in un cerchio.

Lo stesso simbolo lo ritroviamo sulla strombatura esterna accanto al portale settentrionale, ‘confuso’tra altri disegni e motivi floreali. L’iconografia esterna,tra l’altro,appare molto ricca di simboli legati ala flora e alla fauna,oltre che alla mitologia,tipici degli edifici romanici medievali,in cui gli artisti si esprimevano attraverso un linguaggio esoterico (non comprensibile a tutti,ma solo a chi fosse in grado di farlo,ovvero gli Iniziati).

Spostandoci velocemente verso l’altare, troviamo un capolavoro ligneo che,solo per la sua disposzione, è particolare.

Unica è, infatti, la disposizione del coro:diviso da stalli anteriori all’altare (in genere il coro sta sempre dietro l’altare), formanti una “U” dagli angoli retti(distribuita in due L speculari) o, e stalli posteriori all’altare, formanti un semicerchio:i primi destinati ai religiosi della basilica-priore, maestro di cappella, sagrestano, cerimoniere, ecc-i secondi destinati ai laici.





LORENZO LOTTO E LE SUE TARSIE: FRA BIBBIA E ALCHIMIA

Il Coro è un’opera SPLENDIDA, che va letta da più parti: politica-religiosa (per il tempo in cui venne costruito); liturgica; simbolico-alchemica; artistica.

Le tarsie di questo coro sono molto interessanti perché i disegni sono di Lorenzo Lotto e hanno indotto i gestori a posizionare una ‘spiegazione’ in chiave alchemica degli stessi, in quanto essi si ispirano a temi biblici ma ‘riletti’ dal Lotto in una chiave tendenzialmente diversa. In seguito ad una mostra realizzata qualche anno fa, in cui venne ricostruito il progetto originario del Lotto, sono tuttoggi esposti pannelli in cui si parla di ALCHIMIA, proprio qui, all’interno della Basilica bergamasca. Ecco cosa ci dice uno di questi pannelli espositivi:

· “In ogni epoca l’alchimia,con la forza dei suoi simboli e dei suoi processi di trasformazione,ha offerto occasioni di meditazione mistica a quanti fossero interessati a conseguire il possibile risultato di un profondo equilibrio interiore.”

· Questo giunge nuovo, da parte della Chiesa cattolica:non è forse vero che l’alchimia venne spesso avversata e paragonata ad una sorta di ‘magia’o stregoneria? Ma i ‘pannelli’ci mettono su un sentiero ben più appetibile:”Il fine dell’opus alchemico era l’arte della trasmutazione, in cui una materia grezza veniva portata ad un livello di purezza che le conferiva uno stato di perfezione.Questo prodotto finale veniva denominato ‘pietra filosofale’, un sale rosso,ricco di virtù spirituali cui si attribuiva la capacità di guarire ogni corpo malato e di rigenerare ogni sostanza anche apparentemente morta. A livello intellettivo,ma più ancora dell’uomo, questa Pietra dei Filosofi fu interpretata come mezzo per il raggiungimento della Sapienza e della Saggezza che hanno entrambe origine e fine in Dio. Nella cultura occidentale l’alchimia spirituale affinò profonde convergenze con il cristianesimo,così che l’immagine della Pietra-che trasforma ogni metallo impuro in oro perfetto-venne associata alla figura di Cristo messaggero del Verbo divino che trasforma ogni uomo imperfetto in persona rinnovata dalla Forza della Fede”. E, quindi, si menzionano alcuni Uomini di Chiesa (Tommaso d’Aquino, Alberto Magno, Papa Giovanni XXI) che si sono direttamente interessati ai procedimenti alchemici “con interesse”. Veniamo a ‘sapere’che le operazioni alchimistiche erano viste, all’interno del Cristianesimo,come un percorso di unione diretta a Cristo (trovare la propria ‘divinità’). Una ‘revisione’ della storia abbastanza singolare, visto dove ci troviamo a leggere queste ‘notizie’!
Ma possiamo ‘cercare’un filo sottile che colleghi questa Basilica ad un messaggio di tipo ‘esoterico’, da secoli presente,non solo oggi.? Quel che sembra interessante notare e che appare certo, è che il giurista Giovan Maria Rota (deputato del Consiglio della Misericordia Maggiore che gestiva la basilica)è l’autore di una raccolta di trattati alchemici datata 1513-1514 conservata nella Biblioteca civica di Bergamo;pare che egli fosse in contatto con l’alchimista bresciano Giovanni Bracesco da Orzinuovi. Il vescovo di Bergamo nel periodo della fabbrica del Coro era Pietro Lippomano,un discepolo dell’alchimista Augurello (ci informano sempre i ‘pannelli’).

· Lorenzo Lotto ebbe certo modo di fare la conoscenza,negli anni tra il 1503-1505, di Giovanni Aurelio Augurello,autore della ‘Chrysopoeia”(edita a Venezia nel 1515 dal bergamasco Simone da Lovere); nel suo soggiorno Trevigiano ebbe accesso alla grande biblioteca di testi ermetici del vescovo Bernardo dè Rossi e certamente avrà letto i testi alchemici di Bernardo Trevisano e sembra certo avesse sperimentato da sé la pratica alchemica ,preparandosi vernici e colori da utilizzare nei suoi lavori. La concezione ‘mistica’che andava formandosi in lui gli permise di trovare un terreno idoneo nella città di Bergamo e provincia,dove le famiglie più in vista gli commissionarono parecchi lavori,nei quali Lotto mostra una sensibilità intesa a vivere profondamente la spiritualità, vista come perfezionamento interiore.Nei disegni del ‘suo’Coro,emergono finalità misteriosamente Inziatiche,destinate ad un’utenza che-nonostante l’avesse avversato per certi suoi disegni che dovette ‘raconciare’- era perfettamente in grado di recepirle.

· Lorenzo Lotto aveva preparato questi disegni per le tarsie lignee del coro della Basilica,ordinandole secondo un ‘filo’logico che partisse dalla Creazione e proseguisse cronologicamente in base ai Testi Veterotestamentari e Neotestamentari, destinate al solo coro dei Religiosi; perciò aveva creato la tarsia illustando una “Historia” e il suo relativo “coperto”che la commentava ‘simbolicamente’ e che serviva a proteggerla. Ma il Capitolo della MIA ne volle fare un uso diverso e impiegò questi ‘coperti’ per abbellire il Coro dei Laici,disperdendo per sempre la sequenza che era invece nelle intenzioni dell’artista (questi non vide mai la realizzazione della propria opera poiché morì prima).

· Giovanni Francesco Capoferri profilò le tarsie fino al 1533,poi-alla sua morte- suoi discendenti ripresero i lavori del coro di Santa Maria Maggiore (che sappiamo svolgersi, tra alterne vicende, per circa cinquant’anni) negli anni successivi.Nel 1564 un fulmine devasta il coro,che deve essere restaurato.Nel 1556 muore Lorenzo Lotto a Loreto senza aver mai più rivisto Bergamo e il suo ‘coro’, del quale non avrebbe riconosciuto l’originario suo prgetto,comunque! Nel 1575, in occasione della visita di San Carlo Borromeo, può essere presentato il Coro (era iniziato nel 1522).

·Dentro il significato simbolico –alchemico delle tarsie

· Al visitatore si presentano 4 tarsie,mentre è rivolto verso l’altare:questa zona separa l’aula basilicale da quella sacra. Da qui in poi i profani non sono ammessi. E qui troviamo rappresentate le azioni di quattro liberatori della storia biblica: Mosè, Noè, Giuditta e Davide. Da queste lampeggia il chiaroscuro del dubbio,della tormentata ricerca di orizzonti che stanno privandosi di luce cristallina che aveva animato il primo Rinascimento: storicamente, è il periodo in cui l’Europa non è più il centro del Mondo, sono gli anni delle Riforma con le sue suggestioni,la fede non è più una, e nuove conoscenze prendono forma. Anche il Lotto risente di questo contrasto sociale e della sua tormentata ricerca interiore dell’anima individuale.

· Spostandoci verso l’ala destra, nel piedistallo dell’apertura centrale del Coro, abbiamo una tarsia magnifica. C’è da dire che i quattro pannelli delle testate degli stalli non hanno il coperto e in comune hanno un significato iniziatico legato al neoplatonismo cristiano che è quello dell’ascesi dell’anima,della trasformazione interiore dell’uomo fino alla propria spiritualizzazione e divinizzazione per divenire simile a ‘Dio’. Osserviamone uno. (FOTO: ).



Amorino sulla bilancia



Nell’ala destra,presso il pidistallo dell’apertura centrale del Coro abbiamo una splendida tarsia che Lotto consegnò nel 1524 dal titolo “Amor sulla Bilancia”(amor sapientiae). Il motto presente nel disegno,”NOSCE TE IPSUM” ovvero “Conosci te stesso”, Lotto lo usò in altri due lavori (uno è “Nozze Mistiche di Santa Caterina”dipinto nel 1524 per la famiglia Cassotti di Bergamo e nel “Ritratto di uomo trentasettenne”del 1542, presso la galleria Doria a Roma). Nella tarsia vediamo AMORE in piedi su una bilancia che regge sé stesso e sta in perfetto equilibrio: le sue ali sono aperte a creare l’impressione che stia salendo verso l’alto (ascende simbolicamente verso l’alto), e qui c’è un chiaro riferimento a Platone, secondo cui l’anima veniva immaginata con le ali che le permettono di sollevarsi fino a prendere parte della vita divina; sul capo reca tre fiamme che simboleggiano il fuoco sacro della purificazione interiore che gli permette di ravvivarsi sempre, tramite la meditazione interiore e il lavoro su sé stesso. La scritta è emblematica poiché solo conoscendo sé stessi e riconoscendo la propria natura divina si può morire alla nostra materialità per rinascere vivificati dal fuoco sacro e spiritualizzarci(le tre fiamme sul capo):la bilancia,in alchimia,significa sublimazione,infatti, e qui indica il passaggio da uno stato di coscienza ad un altro più elevato.Attorno al putto alato,si notano trofei di vittoria che indicano come la felicità dell’anima si raggiunga meritatamente solo se c’è equilibrio,misura di sé stessi, conoscenza, ovvero se si possiede la Sapienza (“Conosci te stesso”). Attenzione però: il lavoro su sé stessi deve essere costantemente alimentato dal Fuoco interiore perché la bilancia ha due moti opposti; ascendente e discendente. Se i piatti si squilibrano,è compromessa la vera comunione dell’anima con Dio.


albero della vita


la Creazione e il suo coperto



Il Creatore e l’uomo sono raffigurati nella medesima scena,in una bolla di luce(che simboleggia la stessa natura divina): Adamo,seduto dopo aver ricevuto la vita, ha le braccia alzate, verso il raggiungimento di Dio, cosa che potrà fare solo abbandonando la materialità(la terra su cui siede), ed elevando la propria anima.Gli animali(disegnati in legno chiaro e scuro per evidenziare il latente antagonismo tra ‘bene’e ‘male’,tra luce e tenebre), le cose create(terra,acqua,aria,fuoco,i sette pianeti,il cielo e le stelle fisse) evocano l’originaria perfezione della natura e dell’uomo stesso, ma suggeriscono il conflitto continuo tra la sua natura spirituale e quella materiale,tra il ‘bene e il male’, tra il ‘caos’e l’ordine’che si manifesta nel coperto. Ecco, infatti, che in esso (l’unico che abbia il fondo di legno ‘negro’ di rovere e non in noce) il MAGNUM CHAOS circonda l’universo, è l’universo, da cui esso stesso si origina.Lo scontro cosmico delle tenebre e della luce è la metafora di ciò che avviene nell’uomo e nelle sue due nature:materiale e spirituale. Solo seguendo la luce, trovando l’Illuminazione potrà vedere Dio e rendersi simile a lui, tornando alla propria origine divina. L’occhio al centro del Fuoco cosmico tutto vede e niente dimentica,dal caos interiore un uomo nuovo deve prendere forma e delinearsi. Così come l’universo prese forma dal grande caos primordiale e così come la materia grezza alchemica,nera e sulfurea, deve sublimarsi per divenire bianca e lucente nella sua prima forma. L’immagine ci conduce alla meditazione e alla contemplazione della Mente di Dio.

· Da questi pochi esempi deriva la chiara impressione che Lotto vivesse l’alchimia come la ricerca del perfezionamento spirituale, profondamente dentro sé stesso,esattamente come la Scienza Ermetica proponeva la ‘trasmutazione’del piombo in oro,della materia grezza alla pietra levigata (filosofale). Frances Yates ha scritto,riguardo le invenzioni del Lotto "Un tentativo di fissare un’intenzione spirituale in un simbolo”.Inoltre egli aveva previsto la presenza del ‘coperto’ come integrazione indispensabile al contenuto della tarsia. Oggi purtroppo questo connubio è stato stravolto nei suoi più intimi significati,pur dandoci comunque una visione suggestiva merito anche dell’intarsiatore, Capoferri, che “seppe incorporare la luce nella materia e trasmutare la materia in luce” (F.Cortesi Bosco).

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